domingo, 6 de janeiro de 2008

A volta de SANDRO MELARANCI

Prepara-se, logo ao final de fevereiro, os brasilienses terão o prazer de receber de volta o grande amigo Sandro Melaranci, que depois de uma estadia de 6 anos em Paris, volta a Capital Federal.
Para saber um pouco dele é interessante ler a reportagem publicada no site
MUSIBRASIL

Il Manuia, isola di Brasile a Roma
Intervista a Sandro Melaranci, ex-proprietario del mitico locale notturno di Trastevere che negli Anni `70 è stato tra i primi a diffondere la musica e lo stile di vita brasiliani nella capitale.
Adesso che il Brasile e la sua cultura penetrano con più facilità nel nostro quotidiano, ora che è più semplice conoscere e vivere questo Paese grazie alla tecnologia, ad internet, al nostro giornale, alle offerte delle compagnie aeree, e un po' anche grazie a "Brasil", mi sembra il momento di parlare, all'interno di questo `Taccuino`, di quello che fu un famoso locale notturno romano, il Manuia, e del suo proprietario, Sandro Melaranci, che è stato tra i primi divulgatori, in Italia, della musica e dello stile di vita brasiliani.
Anche per me, agli albori di questa mia grande passione, conoscere questo locale è stato come matricolarmi in un corso universitario: ho appreso i primi fondamenti della lingua portoghese ed ampliato la conoscenza del panorama musicale contemporaneo brasiliano, anche attraverso l'incontro con i moltissimi brasiliani e brasiliane che lo frequentavano.
Mi ricordo che, all'epoca, non ero ancora maggiorenne; d'accordo con mio cugino Filippo, barman del locale e braccio destro di Sandro, arrivavo in autobus verso le 22 a locale ancora vuoto. Mi lasciavano entrare nonostante la giovanissima età e perché restavo poco; soltanto il tempo di godermi il primo set musicale e alle 23,45 volavo verso il capolinea dell'autobus: la mattina dopo mi aspettavano altre lezioni, quelle di greco e latino del liceo "Orazio". Nel tragitto da Trastevere a Via Nomentana, a bordo del 60, in quelle notti romane piene di luci e di odori, ripassavo le note delle canzoni cercando di indovinarne i testi. Chi, in quel locale, ci trasportava sognanti nel nostro Brasile, con il suo magico piano, era Jim Porto, uno dei più importanti artisti brasiliani che da anni ormai vive nel nostro Paese. A me il Manuia ha, in un certo senso, cambiato la vita. E' stato il mio primo "ufficio", lì ho fatto i miei primi importanti incontri nell'ambito professionale, lì raccoglievo informazioni e musica che avrei fatto ascoltare nei miei primi programmi radiofonici. Senza la gentilezza del proprietario (ero l'unico a cui prestava i suoi rarissimi dischi) e senza la pazienza del mio caro amico e cugino Filippo, il mio cammino verso il Brasile sarebbe stato più tortuoso.
Da un po' di tempo a questa parte, Sandro Melaranci, terminata l'esperienza con il Manuia e lasciata la sua amata Roma, ha vissuto per molti anni a Brasilia ed attualmente a Parigi. Lo abbiamo incontrato in una antica fiaschetteria romana per farci raccontare la storia di questo piccolissimo ristorante-piano bar adesso ricordato dagli antichi frequentatori come un irripetibile mito.
Sandro Melaranci, come nasce il Manuia?
«Il Manuia nacque nel 1971 come ristorante, nel 1973 poi aprimmo il piano bar in un locale attiguo. Per noi era una sorta di sala d'attesa prima di accedere ai tavoli e mangiare qualcosa.
Un`immagine d`epoca del secondo Manuia, locale che Melaranci aprì prima di partire per il Brasile
I miei fratelli ed io venivamo dal mondo del cinema. Il locale era perciò frequentato da nomi molto importanti, De Niro, Mastroianni, Fellini, Visconti, la Cardinale, che tornavano a trovarci proprio per questo ambiente familiare e anche per il fascino che la vecchia Trastevere esercitava su di loro».
Dal `73, quindi, avete aperto alla musica.
«Io sono sempre stato un appassionato di buona musica, da noi la gente veniva ad ascoltare le selezioni di canzoni che preparavo su bobina grazie ai dischi che un amico DJ dello Studio 54 mi spediva in anteprima assoluta da New York. Il nome del locale, Manuia, voleva dire salute, cin cin, nella lingua di Tahiti; si beveva e si ballava molto anche perché i nostri cocktail erano straordinari. Ogni sera, poi, c'era musica dal vivo. Privilegiavo più che la provenienza dei musicisti la qualità del lavoro proposto; a volte capitava di vedere sul palco gente poi divenuta famosa, come Renato Zero che veniva a trovarci e quando ne aveva voglia stupiva i clienti con il suo stile allora molto trasgressivo».
E il Brasile com'è entrato in tutto questo?
«Come ti dicevo, ho sempre amato la buona musica e quindi anche tutto ciò che arrivava ed era arrivato dal Brasile come la bossanova e il tropicalismo. Poco dopo la metà degli anni 70 andai a Rio de Janeiro per cercare un artista, un musicista. Volevo dare una caratterizzazione più brasiliana al locale considerando il mio interesse, ma anche quello di altri che lavoravano con me, nei confronti di questa bellissima musica. Dopo aver fatto molti provini a Rio però, nessun artista mi convinse e ritornai a Roma un po' deluso. Qualche ora dopo il mio rientro, un caro amico italiano che aveva fatto fortuna in Brasile mi telefona da Rio dicendomi che durante il mio soggiorno nella sua città non aveva fatto altro che cercarmi per farmi conoscere un giovane pianista che secondo lui avrebbe fatto al caso mio. Io risposi che era troppo tardi e che non avrei ripreso l'aereo rischiando un ulteriore delusione. Con una certa insistenza mi disse che questo musicista era lì vicino a lui e che parlarci non sarebbe costato nulla. In quei brevi istanti, ascoltando la voce di questo sconosciuto che veniva dall'altra parte del mondo, accadde qualcosa di magico: mentre lui mi raccontava le esperienze fatte nel campo musicale, io, entrando in sintonia con lui, mi convincevo del fatto che sarebbe stata la persona giusta. Decisi in un momento di mandargli il biglietto aereo: mio fratello Tony e Filippo, che erano accanto a me, si guardarono e dissero in romano: "Sta arrivà er brasiliano..."».
E questo artista era Jim Porto!
«Si, Jim ha iniziato da noi questa sua seconda vita artistica, dopo una lunga ed apprezzata gavetta in Brasile. All'inizio non fu facile ottenere tutti i documenti necessari per farlo lavorare stabilmente. Le autorità privilegiavano gli artisti italiani e io ottenni l'ok dimostrando che le caratteristiche del Manuia imponevano una autentica presenza brasiliana».
E come furono gli inizi?
«Jim si esibiva da solo con il suo piano, successivamente con l'aiuto di una batteria elettronica. Con il tempo lo convinsi a cantare perché aveva una bella voce e un gran carisma. Inserimmo basso e batteria, con Jim vera star del locale. I migliori musicisti italiani si alternavano settimanalmente sul piccolo palco accompagnando la nostra attrazione. Pat Metheney e Chet Beker a volte, passavano di sorpresa e deliziavano il pubblico con i loro assolo. La gente veniva da tutta Roma, la fila fuori, su Vicolo del Cinque, c'era quasi tutte le sere. C'erano clienti che prenotavano e venivano da altre parti d'Italia, brasiliani che venivano da noi per "matar as saudades" (uccidere la nostalgia, ndr), bellissime fotomodelle brasiliane e famosi cantanti che del Brasile sono sempre stati innamorati come Fred Buongusto, Sergio Endrigo, l'autore Sergio Bardotti, i calciatori Falcão, Dirceu, Socrates e Cerezo».
Era solo Brasile, quindi?
«Non solo. Come dicevo, soprattutto quando Jim cominciò ad essere richiesto in altre parti d'Italia per brevi tour, sul palco si alternavano gruppi e singoli artisti dalle grandi capacità. Ricordo Roberto Gatto, ad esempio, straordinario batterista; oppure Alessandro Centofanti, Michele Ascolese, Irio de Paula, Giò Marinuzzi, tutti bravissimi musicisti».
Cosa trasformò un divertente piano bar in un locale alla moda e successivamente in un mito?
«Agli inizi degli Anni `80 il Brasile, soprattutto a Roma, viveva un momento d'oro: i lunedì del Sistina organizzati da Franco Fontana ci portavano, durante l'inverno, i famosi interpreti brasiliani, Falcão vinceva lo scudetto con la Roma. Il nostro locale era diventato una sorta di seconda Ambasciata del Brasile, da noi si parlava dei nuovi movimenti musicali, ci si informava su quello che succedeva in Brasile, si allacciavano amicizie e si prendevano accordi di lavoro. Quando al piano bar cominciava ad esserci troppa gente, gli incontri si spostavano al ristorante tra un risottino tropicale ed una feijoada `legittima`. Il vero salto di qualità lo facemmo quando proposi all'allora assessore Renato Nicolini, di allestire una manifestazione estiva, una estate romana-brasiliana all'Isola Tiberina. Finalmente potemmo contare sulla presenza di gente come Djavan, Jorge Benjor Alcione, Gal Costa, João Gilberto ed altri, premiati da un pubblico ormai fedele e appassionato da anni. Fu grazie a queste iniziative che andarono avanti per anni che il nome del nostro locale divenne un punto di riferimento a Roma, per gli amanti della musica di alto livello. Il mito si alimentò qualche anno dopo, quando decisi che era arrivato il momento di chiudere e di lasciare tutto. Non mi sarebbe piaciuto ascoltare voci del tipo: "Il locale di Sandro ha realmente rappresentato un`epoca, è stato il massimo; negli ultimi anni però...". E` per questo che abbiamo smesso nel momento di maggior successo. E che adesso quegli anni, a Roma, vengono ricordati anche come gli anni del Brasile e del Manuia».
Il secondo Manuia che Melaranci aprì a S.Giovanni esiste ancora, in via Gallia (tel.06-70491816) e ne ringraziamo il titolare per la concessione della foto (Copyright Ristorantidiroma.com -Manrun s.n.c.)